La Birra tra Cultura, Industria e Artigianato nelle Puntate di Report

Report

Negli episodi andati in onda su Rai 3 l’8 e il 15 giugno, Report ha dedicato due approfondimenti al mondo della birra. Il reporter Bernardo Iovene ha esplorato le sfaccettature culturali, produttive e salutistiche. Un viaggio che ha messo in luce le dinamiche del mercato, le pratiche di spillatura e il ruolo crescente della birra artigianale in Italia.

Origini Monastiche e Marchi Storici

Uno dei temi affrontati riguarda le birre che si ispirano alla tradizione monastica. Alcuni marchi noti, come Leffe e Grimbergen, evocano un legame con antiche abbazie, pur non utilizzando il marchio ufficiale “Authentic Trappist Product”. Quest’ultimo è riservato esclusivamente alle birre prodotte all’interno di abbazie cistercensi trappiste, sotto il controllo diretto dei monaci e con finalità benefiche. Tuttavia, nulla vieta ad altri produttori di riferirsi a ispirazioni monastiche, purché ciò non induca in errore il consumatore.

Frati trappisti impegnati nella produzione di birra trappista Westvleteren, in un’immagine d’epoca

CO₂, Spillatura e Salute

La puntata dell’8 giugno ha posto l’accento sull’importanza della corretta spillatura della birra. La presenza eccessiva di anidride carbonica, se non gestita adeguatamente, può influire sulla digeribilità della bevanda. La schiuma, spesso sottovalutata, svolge un ruolo protettivo e migliora l’esperienza sensoriale. Esperti intervistati hanno mostrato come una spillatura ben eseguita possa ridurre l’impatto della CO₂ sullo stomaco, rendendo la birra più piacevole e leggera.

Il Mercato tra Multinazionali e Microbirrifici

Report ha evidenziato come il mercato italiano della birra sia fortemente concentrato: oltre il 90% delle vendite è controllato da pochi grandi gruppi internazionali. Marchi storici come Ichnusa, Birra Messina, Moretti e Dreher fanno parte del portafoglio di colossi come Heineken. Peroni è oggi di proprietà del gruppo giapponese Asahi. Questa concentrazione ha portato a una standardizzazione del gusto e a strategie di marketing che puntano più sull’immagine che sulla qualità percepita.

Il team del microbirrificio Opperbacco nella sala cotta

In netta controtendenza, la birra artigianale ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più rilevante. Questo grazie a una crescente attenzione alla qualità, alla territorialità e alla sperimentazione. La cosiddetta “craft revolution”, iniziata in Piemonte nel 1996, ha dato vita a una rete di microbirrifici indipendenti. Questi birrifici oggi rappresentano un’alternativa concreta e affascinante per i consumatori più esigenti. E se un tempo era difficile reperire queste birre fuori dai circuiti locali, oggi gli shop online hanno colmato questa distanza. Buono è l’accesso diretto a etichette rare, stagionali o di nicchia. È proprio in questo scenario che piattaforme come Topbeer diventano veri e propri hub per esploratori del gusto.

Inoltre, l’inchiesta ha mostrato come la birra artigianale non sia solo una moda passeggera. E’ infatti un movimento culturale che valorizza la filiera corta, la sostenibilità e la trasparenza. I mastri birrai italiani, spesso con background da enologi o chimici, stanno reinterpretando stili internazionali con ingredienti locali, creando prodotti unici e riconoscibili. Questo fermento creativo ha trovato nuova linfa anche grazie alla vendita online. Molti siti web consentono ai piccoli produttori di raggiungere un pubblico enorme, senza dover passare per i canali della grande distribuzione.

I Protagonisti della Birra Artigianale Italiana

Le inchieste hanno dato spazio a figure di riferimento del panorama brassicolo italiano. Manuele Colonna, storico publican romano, ha illustrato l’importanza della spillatura e della cultura del servizio. Luigi “Schigi” D’Amelio, noto per la sua esperienza con stili belgi, ha offerto valutazioni tecniche su diverse birre, sottolineando l’importanza della qualità e della coerenza stilistica.

Lorenzo “Kuaska” Dabove, considerato uno dei padri fondatori del movimento artigianale italiano, ha raccontato l’evoluzione del settore con passione e competenza. Isabelle Rivaletto ha contribuito con approfondimenti sulla pulizia dei bicchieri e degli impianti di spillatura, aspetti fondamentali per garantire una birra di qualità. Carlo Schizzerotto, direttore del Consorzio Birra Italiana, ha accompagnato i giornalisti in un viaggio tra degustazioni e riflessioni sul futuro del comparto. Leonardo Di Vincenzo, pioniere dell’imprenditoria birraria, è stato citato come esempio di innovazione e visione internazionale.

Bernardo Iovene (sx), Manuele Colonna (centro) e Carlo Schizzerotto (dx) seduti fuori dal ‘Ma che siete venuti a fa’ a Trastevere durante la registrazione di Report.

Conclusione

Le puntate di Report hanno offerto uno spaccato ricco e articolato del mondo della birra, stimolando riflessioni su ciò che beviamo, su come lo beviamo e su chi lo produce. In un settore in continua evoluzione, l’informazione resta uno strumento fondamentale. E’ importante scegliere con consapevolezza e apprezzare appieno la complessità di una bevanda che è cultura, convivialità e passione.

Se anche tu vuoi scoprire birre artigianali autentiche, selezionate con cura e raccontate con passione, visita il nostro shop online Topbeer. Troverai etichette uniche, storie da bere e un mondo di sapori che non aspettano altro che essere esplorati. 🍺✨

Per vedere le due puntate di Report citate, usa i seguenti link: servizio dell’8/6/2025 e servizio del 15/6/2025

Brewdog contro le birre industriali (e contro tutti)

Cartellone pubblicitario Brewdog

Il birrificio scozzese parte nuovamente con una campagna pubblicitaria contro le birre industriali. Scopriamo insieme alcuni aspetti della nuova strategia di marketing di Brewdog, che sfrutta una debolezza degli avversari.

Cartellone pubblicitario Brewdog
Pubblicità comparativa in UK

Punk di tutto il mondo (artigianale), Brewdog è viva e lotta insieme a voi! Da qualche tempo è partita nel Regno Unito la nuova campagna pubblicitaria del birrificio di Ellon, su cartelloni stradali e pagine di quotidiani. Qual’è l’obiettivo dei fondatori James Watt e Martin Dickie? Lo scopo è chiaramente dichiarato alla fine del comunicato Brewdog, sostenere la campagna di private equity del birrificio; cioè convincere piccoli azionisti ad investire.

Già in passato ci furono malumori sulle strategie finanziarie dei due soci, in particolare mi riferisco alla cessione del 22% delle quote alla californiana Tsg Consumer Partners . La vicenda venne spiegata molto bene in un articolo del Fatto Quotidiano di Maggio 2017. Dal punto di vista legale la mossa metteva al riparo dalla possibile uscita dal novero dei birrifici artigianali; negli USA infatti si può alienare al massimo il 25%. Una parte consistente del ricavato, circa 100mln dei 215mln di sterline incassati, venne reinveistita nell’azienda stessa.

I risultati si vedono a distanza di un anno, il primo e più eclatante è il Doghouse a Columbus, Ohio: un hotel Brewdog di 32 stanze con birrificio interno e varie features. Gli obiettivi di crescita del birrificio, dunque, ci sono e vengono portati avanti con costanza. Nel 2017 gli ettolitri prodotti da Brewdog sono stati 214mila, ponendolo per esempio al di fuori della definizione di birrificio artigianale in base dalla legislazione italiana, da noi se produci più di 200mila hl perdi la qualifica di artigianale.

Il consumatore medio di birra artigianale, però, ha ancora la percezione di Brewdog come produttore craft? Il cuore del problema è tutto qui. Per questo motivo, probabilmente, la strategia del birrificio è in gran parte mediatica con particolare riguardo ai social. Una delle iniziative è appunto quella denominata Equity for punks, che punta a raccogliere capitale di rischio tra gli stessi appassionati, trasformandoli in azionisti.

Brewdog Punk IPA
Brewdog Punk IPA

Altro elemento mediatico è quello di porsi come argine a difesa del craft contro i cattivi dell’industria. In questo modo i ‘dogs’ dell’Aberdeenshire affermano due cose almeno: prima di tutto si considerano ancora artigianali, in secondo luogo si riconoscono implicitamente il loro ruolo di leader nella guerra commerciale dei buoni contro i cattivi. L’obiettivo è abbastanza facile da trovare e lo combattono con una tattica degna del grande Sun Tzu, l’autore dell’Arte della Guerra.

Il campo è apparentemente ostile, è quello familiare alle multinazionali: cartellonistica stradale e pagine di quotidiani, ma si punta a delegittimare il nemico presso le proprie truppe, se è vero che il 96% del mercato della birra UK è ancora in mano alle multinazionali del settore. In secondo luogo si usano le stesse armi delle multinazionali: i giudizi di Ratebeer, il sito internet più influente di critica birraria; anche ora che è partecipato da AB Inbev (qui un’analisi approfondita di Andrea Turco su Cronache di Birra)

Il trucco è questo, lanciare il sasso senza nascondere la mano.
Si mostrano, come pubblicità comparativa, i giudizi su quattro birre molto note nell’area britannica, senza timore di essere smentiti. In fondo è la stessa AB Inbev ad affermare indirettamente che Brewdog è meglio di Asahi (Nastro azzurro), Molson Coors (Carling) e di AB Inbev stessa (Budweiser).
Semplicemente geniale.

Brewdog sui quotidiani
Pagina Brewdog sui quotidiani
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… taste the difference

CrAk Guerrilla! Le IPA si bevono giovani (e dalla lattina)

Chiacchierando con Marco (publican di Etimuè ad Acireale) e Francesco ( organizzatore del BeerCatania) è saltato fuori l’argomento del giorno: il bugiardino applicato sulle lattine di CrAk Guerrilla.

Crak Guerrilla 40cl
Il bugiardino della Guerrilla

Una birra può avere le avvertenze per la somministrazione e le modalità d’uso, come i medicinali? All’inizio sembrava una trovata ironica, una genialata di qualche creativo del marketing del birrificio di Campodarsego. Leggendo meglio, però, viene il dubbio che i ragazzi di CrAk prendano molto sul serio i concetti scritti sulla lattina. Se le cose stanno così – e non ci sono motivi per dubitarne – leggiamo meglio e parliamone.

Le birre molto luppolate devono seguire la catena del freddo

Potrebbe anche starci, è vero che il caldo accelera i processi degenerativi e bere birre prodotte da lungo tempo finisce per affievolirne la freschezza organolettica. Nella Guerrilla vengono usati Simcoe (resina di pino e agrumi), Mosaic (pino fresco, mango, mirtillo e agrumi) e Galaxy (agrumi, pesca, passion fruit e frutta a polpa gialla). Mano a mano che ci si allontana dalla Best Before Date si dovrebbero percepire meno intense queste caratteristiche: il pino un po’ più secco, i fiori un po’ appassiti e la frutta un po’ marcia. L’obiezione però nasce spontanea: lo stile IPA non era quello dei velieri che portano birra da Londra alle Indie? Come si ripete spesso nei corsi di avvicinamento alle birre artigianali, lo stile IPA viene fuori proprio per i problemi di conservazione della birra durante i lunghi viaggi per mare. Possibile che il luppolo da formidabile conservante sia diventato l’anello debole?

La catena del freddo
Sempre sul bugiardino, CrAk consiglia di acquistare birre molto luppolate solo se sono conservate in frigo e hanno mantenuto la catena del freddo lungo la filiera distributiva. I manuali HACCP non contemplano la birra artigianale tra gli alimenti che possono sviluppare rischi e necessitano di trasporto refrigerato. Per analogia diciamo che la temperatura di trasporto potrebbero essere i +4°C previsti per latte, yogurt ecc.

Crak Guerrilla 40cl
La catena del freddo

Meglio bere dalla lattina
E’ questo il suggerimento più sorprendente: bevi dalla lattina. CrAk Guerrilla viene confezionata in isobarico, quindi senza contatto con l’aria e “dosando” la CO2 interna. Bere dalla lattina, quindi, significa bere la Guerrilla come il mastro birraio ha previsto che sia bevuta. Tracannare dalla bottiglia/lattina però significa andare contro un’interpretazione più ampia della degustazione. Quando bevo voglio sentire il sibilo dell’anidride carbonica che sfugge dal tappo o dalla latta. Il colore della birra, la velatura, il cappello di schiuma: sono tutti elementi importanti su cui si basano anni e anni di critica birraria. L’aspetto più inquietante, però, riguarda l’analisi olfattiva: mi fai un pistolotto sulla freschezza dei luppoli, sulla rispetto della catena del freddo e non mi permetti di apprezzare al meglio gli accenti resinosi di pino del Simcoe o le sfumature al mirtillo del Mosaic?

Crak Guerrilla 40cl
Le note finali

Anzi meglio non usare il bicchiere. Potrebbe essere sporco o la birra servita male. Si consiglia di “annusare la birra dal piccolo foro e contemporaneamente premere delicatamente”.
A chiusura delle istruzioni viene riportata l’email dell’ufficio reclami, per segnalare situazioni fuori dai canoni indicati per la CrAk Guerrilla.

Il mondo alla rovescia sembrerebbe, il birraio che insegna a vivere al bier sommelier o al publican.
Eppure la CrAk philosophy, rivoluzionaria e dirompente, ha i suoi seguaci. Il mondo dei beer geeks, con forte connotazione social e presenza massiccia nelle grandi città, accetta e fa sua questa  visione. Birre come CrAk Guerrilla o CrAk Neipa sono tra le più richieste e cariche di hype per gli appassionati. Il birrificio padovano è considerato come quello più d’avanguardia  e vicino a modelli inglesi e americani, nulla di strano se cerchi di affermare il suo ruolo anche con posizioni molto controcorrente.
Chissà che alla fine non abbiano ragione ….

Cheers!

TopBeer
TopBeer  … taste the difference

 

Puoi trovare le lattine CrAk in vendita anche sul nostro sito e-commerce

Hello world!

carro trasporto birra

Apre oggi ufficialmente il blog di Hiapo.
Si parlerà di birre ovviamente, ma non solo: questo spazio verrà utilizzato per far conoscere meglio la nostra attività commerciale all’ingrosso, presentandoci degnamente ai nostri nuovi e vecchi clienti con un’autointervista.

Ah, quindi un altro sito di chiacchiere?
In parte, il tentativo è quello di presentare i nostri prodotti e parlare di argomenti non sempre all’ordine del giorno altrove: magari da punto di vista leggermente più originale e sicuramente meno allineato.

Chi è Hiapo?
E’ una società che si occupa di commercializzare birre artigianali e di qualità in Sicilia e nel sud Italia.

Perchè artigianali e di qualità, non sono la stessa cosa?
No.
La definizione di birra artigianale è stabilita nella Legge 154/2016 che recita: “Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi.”

La birra di qualità, per come la intendiamo noi, è prodotta con gli stessi criteri della birra artigianale, ma può non rispettare i vincoli relativi a indipendenza da altri birrifici. Casi di scuola in Italia sono: Birra del Borgo, Birrificio del Ducato, Hibu, Birradamare, Olmaia e (forse) anche Toccalmatto.

Per sintetizzare: la legge stabilisce se una birra può definirsi artigianale o no, noi definiamo se una birra è di qualità o no. Ne trascende che non tutte le birre di qualità sono artigianali e non tutte le birre artigianali sono di qualità.

Dove si possono trovare le birre che vedo qui?
Se hai un locale e vuoi trattare le nostre birre contattaci con le modalità riportate in coda. Sarai inserito nella mailing list per ricevere i nostri listini e le disponibilità settimanali.
Se sei interessato all’acquisto diretto, vai su http://www.topbeer.it : il nostro e-commerce con una scelta più ampia rispetto ai locali e prezzi ugualmente aggressivi.

Posso intervenire negli articoli del blog?
Certamente, puoi dire la tua su qualsiasi argomento di tuo interesse

Per ogni ulteriore informazione contattaci tramite il sito.
Buona lettura