Brewdog Punk IPA, fenomenologia di una birra superstar

La birra Punk IPA ha molte cose in comune con il film Highlander. Birra e film hanno origine in Scozia. Entrambi hanno un buon successo commerciale e quando sembra che stiano per morire, riescono con un colpo di teatro a restare al centro della scena.

Nascita del primo birrificio punk

Quando James Watt e Martin Dickie fondano il birrificio Brewdog a Fraserburgh nel 2007, hanno già chiaro il business plan dei prossimi anni. Sicuramente credono molto nelle IPA in stile americano, meno compassate e più arroganti delle IPA inglesi. E’ il periodo in cui i luppoli americani stanno iniziando a conquistare il mondo birrario europeo. Due incendiari che sovvertono le regole delle birre artigianali inglesi non possono che definirsi punk. Ecco quindi nascere proprio nel 2007 la Brewdog Punk IPA.

La Punk IPA arriva nei pub e nei beer shop con un clamore forse superiore alle aspettative. Impressionante la rapidità con cui Brewdog si è mossa con efficacia sul mercato delle birre artigianali negli anni immediatamente successivi. Facendo leva sul successo commerciale della Punk IPA, Brewdog fa uscire una serie di birre innovative per quel periodo.

Non solo Punk IPA per Brewdog

La Punk IPA traccia il solco in cui si muovono altre birre Brewdog, oggi sparite. Accanto alla flagship beer arrivano altre birre con nomi evocativi: Trashy Blonde, Hardcore IPA, Zeitgeist. Arriva anche la Brewdog Tokyo, la birra più alcolica mai prodotta in UK fino ad allora. La prima versione del 2008, Imperial Stout da 12% alc, viene rifiutata da alcuni distributori ed aspramente criticata dalle associazioni anti alcool britanniche. A quel punto Brewdog decide di proporre una seconda versione da 18% di gradazione alcolica, confermando la vocazione anti sistema. Resta memorabile anche la sfida a distanza con il birrificio tedesco Schorschbrau, per la birra più alcolica al mondo. Il 2010 vede la nascita in sequenza della Tactical Nuclear Penguin (Imperial Stout 32%), Schorschbrau Schorschbock (Doppelbock 40%) ed infine Sink The Bismarck (Imperial IPA 43%). Si iniziò a parlare sempre più di Brewdog ed ovviamente si continuò anche a vendere tante bottiglie di Punk IPA.

James Watt e Martin Dickie di Brewdog

Evoluzione dei due Brewdogs, da punk a businessmen

Da quel momento il birrificio scozzese, trasferitosi ormai nella nuova sede di Ellon, inizia uno spettacolo pirotecnico di iniziative ed operazioni finanziarie sconosciuto a qualunque birrificio artigianale europeo. Provocazioni come quella che portò alla rottura con il CAMRA, (la potente associazione inglese per la tutela delle real ales, l’accezione più ortodossa di birre artigianali) nel 2011. Brewdog fu esclusa allora dal noto festival di Londra, il GBBF, per ‘divergenze’. Ricordo anche l’apertura di molti Brewdog Bar in Europa, tre in Italia. Il sistema di private equity che consentì al birrificio scozzese di finanziare ampliamenti e varie operazioni commerciali altrimenti impossibili. Da ultimo, la cessione di un cospicuo pacchetto azionario a un fondo di investimento americano e la successiva apertura di una sede negli USA. L’apoteosi si raggiunge con la nomina a baronetti e l’assegnazione dell’MBE (onorificenza inglese) da parte della regina. I due punk si sono imborghesiti.

Brewdog Punk IPA: uno strumento di marketing

Può una birra diventare tanto evocativa da rappresentare da sola tutto il birrificio? Ebbene si, è possibile. Brewdog ha prodotto molte birre e buona parte di queste hanno avuto un ciclo di vita terminato in uno o due anni. Indimenticabile per me la ‘I Hardcore You‘, Imperial IPA con sei dry hopping nata come collaborazione tra Brewdog e Mikkeller. E’ indiscutibile però che la Punk IPA abbia un’importanza che va al di là del solo aspetto commerciale.

Brewdog advertising
Brewdog Punk IPA advertising nel 2018

Questa birra rappresenta uno strumento per avvicinare la massa di bevitori ‘non craft’ alle birre artigianali. L’ipotesi è dimostrata dall’uso che ne fa il birrificio stesso. Brewdog Punk IPA è l’alternativa craft ai top player del mercato inglese. La birra si contrappone nella cartellonistica stradale alle birre più vendute del Paese. E che questa tesi sia probabilmente una strategia lo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la recente classifica di Untappd. Infatti il sito di recensione birraria ha pubblicato la top ten delle birre con più check in del 2020. Praticamente le birre più bevute da chi usa la principale app di recensione.

La Punk IPA conquista la posizione d’onore di Untappd

Leggere tra le righe di questa classifica può scoraggiare chi tifa craft. E’ possibile infatti riconoscere le multinazionali della birra dietro ai nomi di birre molto note al grande pubblico. (Anche Brewdog è ormai una multinazionale, ma è un altro discorso …) Il piazzamento d’onore per la Punk IPA però, dietro solo alla Guinness alla spina, è abbastanza eclatante. Anche l’ottimo sesto posto della Brewdog Elvis Juice è difficile da non vedere.

Le 10 birre più bevute dagli utenti di Umtappd

L’innegabile successo commerciale della Brewdog Punk IPA suggerisce una riflessione. Il movimento delle birre artigianali dovrebbe approfittare di prodotti simili. Sono birre come la Punk IPA che possono rappresentare un ponte tra utenti di birre standard (le industriali) e le birre craft. Parafrasando una celebre canzone dei Sex Pistols, il gruppo punk per eccellenza, direi: God Save Punk Ipa!
Cheers

Brewdog
Brewdog su Topbeer



P.s. la guerra per chi fosse riuscito a produrre la birra più alcolica del mondo è proseguita oltre il 2010. Altri protagonisti e altre birre. Recentemente Brewdog e Schorsch hanno iniziato a produrre in collaborazione quella che potrebbe diventare la birra più alcolica al mondo. Clicca qui per vedere il video di presentazione del progetto, iniziato nella seconda metà del 2020.

Fabio Venditti